“La Stagione delle Piogge”. Capitolo XXIII

Ciao a tutti, scusate questo enorme ritardo e scusate per gli errori ma questo è un periodo folle e non ho molto tempo da dedicarmi alla storia.

Ho appena finito di scriverlo, perciò vogliate perdonarmi perchè non l’ho nemmeno ricontrollato.

Bacio

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Capitolo XXIII

“Kora, per caso hai visto in giro la mia collana di perle?”;

La voce di Christine proveniente dal corridoio non le fece distogliere lo sguardo dai libri.

“L’hai lasciata in bagno…”;

Christine andò a recuperare la collana:

“Che distratta!”;  esclamò entrando nella sua camera mentre, davanti al grande specchio di Kora, indossò la collana e si guardò con l’aria soddisfatta.

“Sei proprio sicura di non voler venire con noi stasera?”;

“Mamma, lo sai fra qualche giorno ho gli esami e non posso concedermi distrazioni. Voglio finire alla svelta per dedicarmi ai preparativi della mia mostra”.

“Mi sarebbe piaciuto tanto passare la serata tutti e tre insieme, è da tanto che non lo facciamo ma d’altro canto gli esami hanno la priorità”.

Finalmente Kora si decise a sollevare gli occhi e a guardare sua madre.

La osservò per alcuni istanti con sguardo critico:

“Sei molto bella mamma, quel vestito ti sta veramente molto bene”.

“Grazie tesoro” le sorrise attraverso lo specchio mentre si metteva il rossetto; quel complimento tanto inatteso quanto spontaneo di sua figlia le fece immensamente piacere.

Negli ultimi tempi Kora sembrava così distante.

Era sempre concentrata sullo studio o passava il suo tempo chiusa nel suo piccolo laboratorio a dipingere.

Era diventato pressoché impossibile riuscire a passare un pò di tempo insieme.

Ripensava a quando era bambina e non si staccava un attimo da lei…poi tutto era cambiato.

Il divorzio l’aveva resa schiva, silenziosa a volte irraggiungibile.

Quando la guardava Christine non poteva fare a meno di provare dei rimpianti e un enorme senso di colpa per averla separata da suo padre che adorava.

Una profonda ruga le segnò la bella fronte: il passato aveva lasciato segni indelebili anche per lei.

Bill era sempre stato il grande amore della sua vita e, nonostante tutto lo amava ancora ma il loro matrimonio, la loro vita insieme era stato un terribile, tragico errore.

“Mamma, stai bene?”;

“Cosa?!” la voce di Kora la destò da quei pensieri.

“Avevi una strana espressione sul volto poco…. il tuo sguardo vagava nel vuoto. A cosa stavi pensando?”;

“A nulla di importante” si affrettò a rispondere mentre distrattamente si sistemava i capelli.

Tirò un grosso respiro e poi si sedette sul letto, accanto a sua figlia.

Le accarezzò il bel viso e le sistemò una ciocca ribelle che le copriva gli occhi, dietro un orecchio.

Si specchiò brevemente in quegli occhi marroni e non potè fare a meno di pensare che quello sguardo, quella intensità, l’espressione dei suoi occhi era identica a quella di Bill.

“Cosa stai studiando?”;

“Storia….”;

“Mmm…. quando andavo alle superiori detestavo questa materia. Non ho mai avuto buona memoria con le date”;

quell’affermazione strappò un’allegra risata a Kora.

“Ah! Vedo che mi prendi in giro, eh?”;

“No, figurati” affermò con forza.

“Al contrario; papà mi ha detto che eri una sorta di genio!”;

quell’affermazione la sorprese.

“Tuo padre ti ha parlato di me?”;

“Papà parla spesso di te” e tornò a ficcare la testa su quel paragrafo della rivoluzione russa che faceva una gran fatica a ricordare.

“…..e cosa ti ha raccontato di me?”;

“Che sei brillante, spiritosa, molto determinata e che quando vi siete conosciuti è rimasto colpito dai tuoi splendidi capelli ricci e rossi e dal tuo entusiasmo”.

“Davvero ti ha detto questo di me?”;

“Già”.

Christine sospirò pesantemente.

Si alzò dal letto e si affacciò alla finestra.

Il solito chiasso caotico del traffico serale di Amburgo, le luci gialle che illuminavano le strade e il suo sguardo perso nei ricordi.

“Mamma?”;

“Mmm?”;

“Mi racconti di quando hai conosciuto papà?”;

Christine si voltò a guardarla: Kora non le aveva mai chiesto niente del suo passato.

“Che… strana domanda”.

“E perchè? Papà mi ha raccontato tutto di voi, di quando vi siete conosciuti a Los Angeles…. e tutto il resto”.

Chissà perchè Bill aveva fatto una cosa del genere….

“Cosa vuoi esattamente sapere?”;

“Cosa hai pensato quando lo hai visto la prima volta? Papà è un uomo molto bello e sicuramente non era un tipo che passava inosservato.

“Già”; sospirò di nuovo.

Si avvicinò a sua figlia e tornò a sedersi sul letto.

“Credo…. credo di essere sempre stata innamorata di tuo padre. Da ragazza adoravo la sua musica. Una volta sono perfino scappata di casa per andare a vedere un suo concerto!…. Nonna Jaqueline quando lo scoprì mi mise in castigo per un mese” e scoppiò a ridere.

Kora osservava sua madre con molta attenzione.

Da quando aveva iniziato a parlare di suo padre il suo sguardo si era illuminato e un sorriso allegro si era dipinto sulle sue belle labbra.

“E’ strano il destino… tanti anni nella stessa città senza mai incontrarsi e poi…. dopo tanti anni, a tanti chilometri di distanza, in una città straniera… è stato immediato, direi fulmineo. Mi incantò con il suono della sua voce, con la sua risata strana ma tanto buffa, con i suoi sguardi che ti arrivano fin dentro l’anima, con i suoi modi galanti. Eravamo soli, in un Paese che non era il nostro, avevamo bisogno l’una dell’altro. Credo che quello sia stato il periodo più bello e felice della mia vita…. poi sei arrivata tu e tutto era assolutamente perfetto: non avrei potuto chiedere di più dalla vita”.

“E poi… cosa è successo?” Kora la incitò a proseguire e a tirare fuori gli scheletri del passato: mai come in quel momento lei e sua madre erano state tanto vicine.

Lo sguardo di Christine si rabbuiò.

“Vedi tesoro, tra me e tuo padre c’è sempre stato qualcosa che ci divideva…. qualcosa che non ci permetteva di essere felici come avremmo dovuto…. credo che Bill ce l’abbia messa tutta per far funzionare le cose ma forse, io non ero abbastanza…. non ero la persona giusta”.

La guardò con tanta tristezza.

Quell’ammissione doveva essergli costata tanto.

“I suoi ricordi lo tenevano continuamente lontano da me. Si sentiva un uccello in gabbia e per quanti sforzi facessi, il mio grande amore, non era abbastanza. Il suo cuore apparteneva irrimediabilmente ad un’altra donna”.

“Ti riferisci….ad Elena?”

Sua madre la guardò incredula: le lacrime cominciarono a rotearle negli occhi e il mento iniziò a tremare.

“Come… come sai di lei?” disse a fatica.

“Papà mi ha raccontato tutto. Tu, invece come lo hai scoperto?”.

“Nel modo peggiore” tagliò corto.

“Che vuoi dire?” ma sua madre non rispose.

“Perchè non vuoi dirmelo mamma? Parlarne non può fare altro che aiutarti. Ora sei finalmente felice con Robert, ti sei ricostruita una vita… devi dimenticare il passato e guardare avanti”.

“Non è così facile come sembra tesoro. Non si può dimenticare una cosa come questa…. non si possono cancellare attimi indescrivibili passati tra le braccia dell’uomo che ami e sentirsi chiamare con un nome che non è il tuo”.

Kora ammutolì di colpo.

Con quanta sofferenza sua madre aveva pronunciato quelle parole.

“Io…. io non volevo, scusami mamma”.

“Non scusarti tesoro, non è colpa tua. La colpa semmai è mia ma ero troppo giovane e troppo innamorata. Ho pensato che con il tempo le cose sarebbero cambiate, che sarei riuscita a fargli dimenticare quella donna e che forse un giorno mi avrebbe amato esattamente come lo amavo io…. invece è stato tutto un errore”.

Christine faceva fatica a controllare il dolore ed una lacrima scivolò lungo il suo viso levigato di porcellana.

“Una sera… una come tante…. tuo padre aveva alzato il gomito. Aveva bevuto talmente tanto che faceva fatica addirittura a stare in piedi. Lo avevo chiamato tante volte per darti la buonanotte ma non ero riuscita a trovarlo da nessuna parte. Andai nel suo studio…. era seduto sul divano…. aveva il bicchiere in mano… guardava un album di foto.  Piangeva come un bambino e continuava a pronunciare il suo nome… ero furiosa, arrabbiata, ferita. Nemmeno dopo la tua nascita era riuscito a dimenticarla. Mi avvicinai a lui, afferrai la bottiglia e la lanciai con forza sul pavimento poi presi quell’album e stavo per gettarlo nel fuoco… volevo bruciarlo! Volevo bruciare quelle foto, volevo bruciare il suo ricordo, cancellare il suo nome, distruggere ciò che rappresentava…tuo padre me lo strappò dalle mani e mi spinse con forza facendomi cadere rovinosamente sul divano. Mi gridò in faccia che non mi amava… che non mi aveva mai amato e che nessuno mai avrebbe preso il posto di Elena nel suo cuore”.

Kora si avvicinò a sua madre e la strinse più forte che potè.

“Lo lasciai da solo, nello studio, a continuare ad affogare il suo dolore nell’alcol e scesi di sotto a telefonare alla nonna. Ormai stare insieme non aveva più senso, ci facevamo solo del male”.

“Mi ricordo di quella telefonata”.

Christine si allontanò da sua figlia quel tanto che bastava per poterla guardare negli occhi:

“Come? Ti ricordi di quella sera?”;

Kora annuì:

“Ricordo ogni singola frase di quella telefonata. Ero piccola ma sentii chiaramente che dicevi alla nonna che eri stanca e che quella era l’ultima volta. Dicesti che lo avresti lasciato da solo. Ero talmente spaventata che iniziai a cercare papà ovunque e poi finalmente lo trovai, nello studio, riverso sul divano. Lo chiamai tante volte… ma lui non rispondeva poi, arrivasti tu a portarmi via”.

“Lo feci  solo perchè non volevo che vedessi tuo padre in quello stato…. lui era il tuo adorato papà e ti amava profondamente”.

“Adesso comprendo tante cose mamma…. “;

“Non essere arrabbiata con tuo padre Kora, ha fatto tanti errori ma anche io ne ho fatti molti. Ognuno di noi segue ostinatamente il proprio cuore…io cercavo il suo mentre lui…si tormentava per Elena”.

“Adesso ha finito di soffrire anche lui”.

“Che vuoi dire tesoro?”.

“L’ha ritrovata. Ha trovato la sua Elena”.

“Come?! Io…”.

“L’ho convinto a tornare in Italia e a cercarla. Deve mettere a posto le cose, deve riordinare il suo passato come i tasselli di un puzzle… forse solo così smetterà di logorarsi nel dolore e nel senso di colpa e riuscirà a trovare un pò di pace”.

“Christine? Tesoro, sei pronta?” La voce di Robert proveniva dal corridoio.

“Ricomponiti mamma, non deve vederti in questo stato”.

Christine si asciugò gli occhi ed il viso poi corse allo specchio a sistemare il trucco disfatto.

“Robert, vieni è in camera mia!”.

Robert fece capolino nella stanza di Kora.

“Non trovi che la mia mamma sia stupenda con quel vestito?”.

Robert sorrise guardando Christine: “La tua mamma è sempre stupenda, ed io sono l’uomo più fortunato del mondo”.

“Sei sempre così gentile. Allora tesoro, noi usciamo. Non fare troppo tardi  ok? Cerca di riposare un pochino. A domani”; si avvicinò a sua figlia e le diede un bacio sulla fronte.

“A domani. Divertitevi!”.

Kora li guardò allontanarsi ma un nodo le stringeva la gola impedendole quasi di respirare.

                                                                                 ******

La serata era particolarmente piacevole.

Il cielo era una immensa distesa di stelle luccicanti, l’aria profumava di gelsomino e i grilli cantavano una deliziosa serenata.

Elena era seduta sul vecchio dondolo nel giardino della sua casa ma non era sola.

Carla e Renato erano insieme a lei e le facevano compagnia.

“Dopo tanto tempo è tornato a cercarti” Renato scrutava i suoi occhi scuri.

“Già. Dopo ventisei anni; ventisei lunghi anni…. mi ha detto che è tornato per restare…. me lo ha giurato”.

“E tu gli credi, bambina?” Renato le parlava come un padre.

“Non lo so…io non so più cosa pensare”.

“Però sei tanto felice cara…. i tuoi occhi dicono più di mille parole”.

Elena le strinse forte la mano.

“Lo sono immensamente Carla. Se è un sogno, non vorrei più svegliarmi…. è tutto così bello, troppo ed io ho paura che la storia possa ripetersi. Resterò di nuovo da sola e questa volta non…..non so se riuscirei sopportarlo”.

“E’ passato tanto tempo cara. Eravate solo due ragazzini, ora le cose sono cambiate” continuò Renato.

Elena annuì silenziosa.

“Gli racconterai la verità?” insinuò Carla;

Elena sollevò lo sguardo terrorizzata fissandola dritto in quelle pozze azzurre che la fissavano amorevolmente.

“Io…ecco io… non lo so” ammise rassegnata.

“Non so se ne avrò la forza”.

continua